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«Quid est ergo tempus? Si nemo ex me quaerat, sio; si quaerenti esplicare velim, nescio: fidenter tamen dico scire me, quod, si nihil praeterit, non esset praeteritum tempus, et si nihil advenire, non esset futurum tempus, et si nihil esset, non esset praesens tempus. Duo ergo illa tempora, praeteritun et futurum, quomodo sunt, quando et praeteritum iam non est et futurum nondum est?»*
È una domanda antica quella che Agostino di Ippona si pone sul finire del IV secolo dopo Cristo. Un interrogativo quello sul tempo che non è improprio trasferire affrontando lo statuto della fotografia. Se si concentra sulla natura di ciò in cui essa si concretizza, è praticamente inevitabile interrogarsi sul rapporto tra l'immagine e il tempo, all base della fortuna vernacolare di questa tipologia di produzione delle immagini. Se per molti la fotografia è il vano tentativo di fermare il tempo e il suo macabro incedere, non si può non considerare il fatto che essa parli sempre del passato. Nel momento stesso in cui l'immagine viene acquisita essa narra inevitabilmente di un momento che già non è più. Se quello dello scatto è il momento del presente, in cui il futuro è ancora solo un'ipotesi, nel momento stesso della generazione dell'immagine, ciò che raffigura appartiene già al passato.
Il tempo offre di sé tracce, ma queste risultano spesso ingannevoli per l'occhio umano, inadeguato a percepirne lo sviluppo. In questo lo strumento fotografico* si offre come potenziale strumento di transcodifica e interpretazione di quel πάντα ῥεῖ** in cui siamo immersi. Il fenomenismo legato alle manifestazioni esteriori del tempo è percepito dall'uomo in misura assai grossolana. Prendiamo ad esempio il ritmico alternarsi di chiaro e scuro, giorno e notte determinato dall'azione congiunta della rotazione terrestre e dell'orbitare del nostro pianeta intorno al Sole. Quello che percepiamo è il mutare del livello di illuminazione e per i più attenti il mutare della lunghezza delle ombre. Si tratta però di osservazioni che derivano dall'applicazione puntale di un determinato livello di attenzione sollecitato da particolari motivazioni. Difficilmente percepiamo il continuum fenomenico. Lo strumento fotografico*** permette invece di registrare graficamente, all'interno dei limiti imposti dal punto di ripresa e dall'inquadratura prestabilita, proprio quel continuum che l'occhio non è in grado di percepire.
L'immagine fotografica può quindi offrire una visione di ciò che consideriamo reale che si distacca dalla percezione usuale dell'occhio umano per generare mondi paralleli in cui si svela l'azione del tempo, in cui la rotazione terrestre è esplicitata dalle strisciate luminose create dallo scorrere del sole all'interno dell'inquadratura che si affiancano all'epifania dei movimenti orbitali del pianeta attorno alla sua stella è offerta dallo sfasamento di strisciate consecutive. L'alterazione delle cromie favorito dalla prolungata azione della luce sugli strati dell'emulsione contribuisce poi alla generazione di quel mondo inedito, che altro non è se quel che normalmente non siamo in grado di percepire.
Un universo che l'Alighieri, forse, ci racconterebbe dicendo «Vassene 'l tempo e l'uom non se n'avvede».**** Sandro Iovine
*«Che cos'è, dunque, il tempo?
Se nessuno me lo domanda, io lo so, se intendo spiegarlo a chi me lo domanda, non lo so.
Tuttavia dico con sicurezza di sapere che, se nulla passasse, non ci sarebbe il tempo passato; se nulla giungesse, non ci sarebbe il tempo futuro; e se nulla fosse non ci sarebbe il tempo presente.
Allora quei due tempi, il passato e il futuro, in che maniera sono, dal momento che il passato ormai non è più, mentre il futuro non è ancora?»
Agostino, Confessioni, Bompiani, Milano, 2012; liber undecimus, XIV, 17, pag. 1042-1044.
** Panta rei, tutto scorre, espressione attribuita a Eraclito, che sottintende l'idea di impermanenza, per il quale tutto è continua trasformazione.
*** La solargraphy (solarigrafia, solargrafia) è un tipo di ripresa fotografica che basandosi su lunghissime esposizioni di più giorni, permette di registrare su pellicola i... movimenti del Sole. Si tratta di una particolare branca della fotografia con il foro stenopeico, ovvero una fotografia in cui non è previsto l'impiego di lenti e l'obiettivo non è altro che un semplice foro di piccolissime dimensioni. Grazie alla lunghezza estrema delle esposizioni è possibile registrare i movimenti apparenti del sole, dovuti alla rotazione dell'asse terrestre e alle orbite del nostro pianeta, rispetto al paesaggio, movimenti che altrimenti non sarebbero percepibili dall'occhio umano.
**** Dante Alighieri, La divina commedia, Edizione elettronica, Progetto Manunzio, 2005; Purgatorio, IV, 9.
Daniela Sidari è nata nel 1973 a Reggio Calabria dove tutt'ora vive. Di formazione architetto si dedica da sempre al disegno e alla fotografia. È titolare di [D] Graphics & photography, dove opera appunto come graphic designer freelance. Pratica la fotografia con particolare interesse per le tecniche fotografiche di rappresentazione dello spazio e dell’architettura. Ha partecipato a mostre personali e collettive ed ha avuto pubblicate immagini su libri e riviste del settore. Dal 2005 è membro della Federazione Italiana Associazioni Fotografiche (FIAF) e come docente FIAF del Dipartimento Didattica si occupa di critica fotografica e svolge seminari di formazione e attività di lettura/giuria delle immagini singole e dei portfolio.